'Di padre in figlia', la lunga strada dell'emancipazione femminile
In un arco di tempo che va dal 1958 ai primi anni Ottanta, 'Di padre in figlia' di Riccardo Milani (ad aprile si Raiuno) racconta la storia di una famiglia patriarcale in cui il potere della figura paterna viene sostituita dalle tre figlie e dalla madre. Nel cast Stefania Rocca, Cristiana Capotondi e Matilde Gioli
Una saga familiare al femminile che racconta la lunga marcia verso l’emancipazione, con un padre padrone re della grappa che sogna il figlio maschio. C’è la provincia, con i suoi riti e le sue ipocrisie, ma è soprattutto un omaggio al coraggio e alla sensibilità delle donne Di padre in figlia la serie in quattro puntate diretta da Riccardo Milani presentata in concorso al Roma fiction fest (andrà in onda su RaiUno ad aprile). Nata da un’idea di Cristina Comencini, ambientata a Bassano del Grappa, racconta la storia della famiglia Franza dalla fine degli anni 50: il padre Giovanni (Alessio Boni), rozzo, insensibile, determinato nel lavoro, a suo modo un visionario nell’immaginare le potenzialità della sua distilleria, sposato con Stefania Rocca, ignora le figlie Cristiana Capotondi e Matilde Gioli, per dedicarsi solo al lavoro e al figlio maschio.
Mix tra costume e melò, questa 'Meglio gioventù' dal punto di vista delle donne, segue le battaglie combattute in casa e fuori per i diritti civili. La scena iniziale è spiazzante e potente: Rocca, incinta, va a cercare il marito nel bordello dove incontra l’amante e minaccia di partorire lì se non torna a casa. Ma anni dopo sarà proprio la prostituta (Francesca Cavallin) che l’uomo frequentava, a diventare la sua migliore alleata. Il 68 bussa alle porte quando la figlia maggiore Maria Teresa (Capotondi) va a iscriversi, contro il volere del padre, all’Università a Padova (le immagini in bianco e nero delle contestazioni sulle note della Canzone del Maggio di De André si mescolano alla fiction) "perché nella serie entra la Storia" spiega Riccardo Milani "e senti la responsabilità quando racconti le battaglie femministe per i diritti civili, la legge sul divorzio, sull’aborto". La figlia minore, Gioli, resta incinta e la madre non vuole che segua le sue orme e si sposi senza amore. "Tieni il bambino – le dice - lo cresceremo noi in questa casa, tutti insieme, ma non ti sposare". Nel cast Denis Fasolo, Domenico Diele, Alessandro Roja, Demetra Bellina, Roberto Gudese.
Scritta da Giulia Calenda con Francesca Marciano e Valia Santella, prodotta da Angelo Barbagallo e RaiFiction, Di padre in figlia indaga sui legami tra sorelle, sulla solidarietà ma anche l’invidia, le gelosie. "Avevamo precedenti illustri come La meglio gioventù" spiega Marciano "ma il nostro romanzo è dal punto di vista femminile. Le sorelle nel nostro racconto sono molto diverse tra loro, hanno un approccio personale sulle cose, mi è venuto da pensare un po’ a Piccole donne, in cui tutte ci siamo identificate in Jo. Nella serie il contrasto è tra Elena (Gioli) che punta la propria sicurezza sulla bellezza, sul suo essere seduttiva e Maria Teresa (Capotondi), che cerca l’attenzione del padre per tutta la vita perché le riconosca la sua intelligenza senza riuscire a vederla fino alla fine. Con gli anni Elena capirà che la sua non è stata una vita vincente. Un altro aspetto che ci interessava era rappresentare un matrimonio infelice, senza amore, un percorso esistenziale tormentato. La Storia ha cambiato la vita delle nostre madri, delle nostre sorelle più grandi, ma quelli che davvero contano sono i cambiamenti interiori".
Ideata da Comencini, firmata da tre donne, questa saga che svela l’ipocrisia della provincia del nord est (come fece Pietro Germi in Signore & signori), è un romanzo dell’Italia dal 58 agli anni 80 "con risvolti sorprendenti e moderni: la prostituta che vuole saldare il suo debito e restituisce i soldi a Stefania Rocca “perché così siamo pari”, la madre che invita la figlia a crescere un figlio da sola pur di non condannarla a un matrimonio deludente" osserva Marciano. Se ci fosse stato un uomo tra gli autori, cosa avrebbe cambiato? "Un uomo avrebbe sicuramente protestato" sorride la sceneggiatrice "perché il personaggio di Giovanna Franza è troppo ignorante, troppo negativo.
Fonte: http://www.repubblica.it/